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martedì 1 aprile 2008

L'OROLOGIO PERFETTO (di G. Gatto)


Amilcare scappava con gli occhi terrorizzati… Era inseguito. Era chiaro che stavano cercando proprio lui. Si trovava nel giardino immenso di una sorta di reggia. Un palazzo maestoso come quelli che si vedono nei film. Stava accucciato in mutande e canottiera, quella classica senza maniche e calzini corti bianchi ai piedi. Magro, piccolo di corporatura, sulla cinquantina, pochi capelli in testa e quasi del tutto bianchi.
Si era nascosto dietro un’enorme vaso di pietra a forma di ananas al cui interno troneggiava una splendida chicas. Dei fari lo illuminarono.
“Eccolo!” gridò un uomo con un robusto rottweiler al guinzaglio.
– Mi hanno visto! – sobbalzò. Si voltò e cominciò a correre. Sentiva alle sue spalle grida, concitazione, i latrati dei cani. Ma cosa ci faceva lì? Pensò. Cos’era quel posto? Entrò nel palazzo da una grande porta finestra che affacciava sulla corte, si ritrovò in un imponente salone, molto luminoso, con i soffitti alti almeno dieci metri, pieni di stucchi dorati, da cui pendevano smisurati lampadari di cristallo. Alle pareti specchi giganteschi con cornici di legno intarsiato, magnifici quadri e tutto intorno divani di legno rivestiti di velluto bordeaux stile Luigi XVI. Continuò a correre goffamente e scivolando a tratti sul pavimento di marmo bianco lucido. Non era mai stato uno sportivo. Attraversò in diagonale il sontuoso salone ed uscì da un’altra porta finestra che dava su un lungo balcone che circondava tutto quel lato della sala.
Li aveva ormai addosso, alle sue spalle sentiva il respiro affannato e rabbioso dei cani. Vide fuori dal cornicione della balconata il bordo di una piscina olimpionica, proprio lì, ad un metro. Non era possibile. Non poteva essere possibile! Non ebbe il tempo di porsi domande, con un salto che stupì lui stesso si tuffò in avanti direttamente dal pavimento del balcone, sfiorando con la pancia il corrimano ed entrò in acqua perfettamente di testa. A metà della corsia uno. Cominciò a dare vigorose bracciate, vedeva il bordo corto della piscina non lontano. Due bracciate e un respiro, due bracciate e un respiro. Ma dove aveva imparato a nuotare così bene? Si chiese. Arrivò a toccare il limite del rettangolo d’acqua e la folla esplose in un lungo e fragoroso applauso. Aveva vinto. Si guardò intorno incredulo, il colossale palazzo era scomparso. Era finito nel bel mezzo di una competizione di nuoto. Intorno vedeva gradinate piene di folla, colori, le telecamere della TV…
Un elegante signore gli si avvicinò con il microfono in mano:
“E’ contento ragioniere?”
Lui molto confuso fece cenno di si con la testa. Salì sul gradino più alto del podio con ancora addosso canottiera, mutande e calzini fradici, al suo fianco due ragazzoni in tutina nera con cuffia e occhialini, che lo sovrastavano per altezza e volume, lo guardavano con rabbia.
Una splendida donna con i capelli vaporosi, l’abito rosso stretto attorno alle curve pericolose ed un vistoso decoltè gli mise la medaglia d’oro al collo. In quello stesso istante si svegliò di soprassalto. Guardò la sveglia: le 6:59. Con uno scatto allungò il braccio e la spense, sarebbe suonata alle 7:00 in punto. Sorrise. Era felice come una pasqua. Ricordava il sogno perfettamente. Gli succedeva sempre così quando si svegliava nel mezzo di un sogno, ne ricordava i particolari, i rumori, le immagini, persino gli odori, le sensazioni. Tutto.
– Ma perché stavo scappando? –
L’immagine più bella, quella che lo faceva sorridere felice era il salto in piena corsa direttamente dentro la piscina, come attraverso una finestra spazio-temporale che gli aveva fatto cambiare scena e dimensione. E poi era stato un gesto atletico notevole. Si toccò il pigiama quasi stupendosi che fosse asciutto. Impiegò qualche minuto per tornare pienamente alla realtà. Sentiva i muscoli quasi stanchi per la corsa e la nuotata. Si stiracchiò proprio come a ritemprare il corpo dopo lo sforzo e istintivamente portò la mano sinistra al petto a cercare la medaglia. Niente medaglia. Ma era felice uguale perché grazie al sogno ed al risveglio improvviso aveva fregato la sveglia. Amilcare era uno preciso, meticoloso. E l’idea che si era svegliato pochi secondi prima della sveglia lo galvanizzava.
“Sarà una magnifica giornata” disse.
Si lavò, fece colazione con il latte tiepido macchiato di orzo e due biscotti al burro, indossò il suo vestito grigio topo a righe verticali sopra la camicia bianca ed un maglione a girocollo dello stesso grigio del vestito. Inforcò i piccoli occhiali tondi, mise l’impermeabile, prese l’ombrello, anche se fuori era una bella giornata e si avviò a piedi in ufficio.
Timbrò il cartellino alle 8:00 precise e sorrise di nuovo. Era arrivato puntuale in ufficio senza aumentare o diminuire la sua andatura, senza pensarci e senza mai guardare l’orologio al polso, un vecchio Lorenz d’oro a carica manuale con cinturino di pelle marrone. Riuscire ad essere più preciso degli orari che scandivano la sua giornata lo rendeva estremamente soddisfatto.
“Buongiorno ragioniere”
“Buongiorno Signora Marchini”
E nel salutarla indugiò un tantino sulla generosa scollatura che gli ricordava quella dell’avvenente ragazza della premiazione.
“Salve Pestalozzi”
“Buongiorno Commendatore” accompagnò il saluto al titolare della ditta con un lieve inchino di deferenza, poi il Ragionier Amilcare Pestalozzi prese posto alla sua scrivania.
Infilò la giacca sulla stampella di legno e posò questa sull’appendiabiti. Aprì i suoi archivi e cominciò a lavorare sulla contabilità: fatture, bolle, libro mastro, brogliacci. Nella mano destra la matita e la sinistra a digitare vorticosamente numeri, somme, sottrazioni con la calcolatrice elettrica che emetteva dei suoni ritmati ad ogni calcolo stampando e sputando fuori il relativo conteggio sul rotolo di carta. Il ritmo della calcolatrice creava quasi un sottofondo musicale. La velocità con cui digitava i numeri senza sbagliare mai cifra aveva del miracoloso. Aveva ormai perfettamente memorizzato la disposizione e la distanza dei tasti, le sue dita si muovevano magicamente da sole.
Dopo alcune ore tirò su la testa, mosse il collo per stirare i muscoli e si girò di colpo per guardare l’orologio alla parete. “… ne ero sicuro” mormorò fra sé e sé “le undici in punto. L’ho fregato di nuovo”, questa surreale mania della competizione con gli orologi e lo scorrere stesso del tempo stava diventando sempre più patologica. Si alzò, come sempre a quell’ora, andò in bagno e dopo scambiò due chiacchiere con la Sig.ra Marchini, sempre inciampando con gli occhi più del dovuto sulla sua morbida e ampia scollatura. Poi tornò al suo posto.
A pranzo anticipò l’orologio di due minuti ma era tranquillo in quanto convinto che un piccolo scarto di due, anche tre minuti non inficiava i suoi brillanti risultati di orologio vivente.
“Perfetto” si disse “sono un orologio perfetto”. Al bar consumò come al solito un tramezzino, che poteva al massimo variare fra un “carciofi e mozzarella” e un “mozzarella e prosciutto cotto” con qualche divagazione a volte su “tonno e pomodoro” e bevve il suo solito chinotto. Poi il caffé d’orzo, la passeggiata ai giardini ed il ritorno alla scrivania. Alle 14:30 spaccate.
“Che caldo!” pensò ad alta voce “e che luce accecante!” si guardò intorno: una spiaggia meravigliosa, una sabbia bianca, fine e impalpabile come cipria che non restava attaccata alla pelle ed alle mani, fresca, nonostante un caldo afoso che sembrava penetrare anche nei polmoni. Si spostò di pochi metri, all’ombra di una palma, si stese sulla schiena e guardò alcuni raggi di sole, quasi dei lampi, che penetravano in diagonale attraverso le foglie della palma mosse leggermente dalla brezza. Intorno a lui il verso degli uccelli ed il suono lieve della risacca, non si percepiva altro. “Sono su un’isola!” esclamò Amilcare “Sembra di essere in paradiso… Ma io questo posto l’ho già visto! Ah, ecco...” gli si accese la lampadina “...il poster gigante dell’agenzia viaggi qui vicino, quella di fianco al bar…”. Sul bagnasciuga incedeva uno splendido airone, leggiadro ed elegante, che poi spiccò dolcemente il volo. Si alzò e si diresse verso l’acqua, incredibilmente azzurra con sfumature blu, verde smeraldo e cobalto. Solo allora notò poco lontano un ragazzo di carnagione olivastra, occhi scuri e capelli neri, con un pareo colorato in vita che stava sistemando dei pesci in una cesta, e sorrideva. Poi sparì nella fitta vegetazione.
– Certo lui non ha bisogno di orologi! – Pensò Amilcare.
Tutto intorno i colori erano estremamente vivi, accesi ed anche i profumi più intensi e forti di quelli a lui noti.
Si tuffò in quel mare piatto e calmo come uno stagno d’argento, fece alcune bracciate e pensò: – dio che giorno perfetto! – poi si lasciò andare, pancia all’aria e si fece trasportare dalla tenue corrente galleggiando e facendo il morto: – … il morto?… Oddio, non è che sono morto?!? – ripeté dentro la sua testa e si rimise immediatamente in posizione retta. Ora si guardava nuovamente intorno: c’era solo lui e se quello non era il paradiso effettivamente gli somigliava molto!
“Pestalozzi! Pestalozzi!”
Venne scosso sulla spalla. Si svegliò.
“… Cavaliere, anche lei qui? … oh ma… oddio! … Devo essermi addormentato! … Mi scusi, … non mi è mai successo!”
Vicino a lui il titolare della ditta, il Cavalier Commendator Lo Presti, la Signora Marchini ed il fattorino con ancora le buste ed i pacchi in mano. Era crollato con il capo chino sulle proprie braccia conserte sulla scrivania senza nemmeno essersi levato la giacca.
“Sta bene Pestalozzi? Ci eravamo preoccupati!”
“Sto bene, … sto bene, … devo aver dormito male stanotte, … un colpo di sonno. Chiedo umilmente scusa, davvero… Sono mortificato”
“Ma non si preoccupi, non stia a scusarsi, piuttosto è sicuro di sentirsi bene? Vuole che la faccio accompagnare a casa?”
“No, no, grazie, ora è tutto a posto. Vado a sciacquarmi la faccia e ritorno”
Intanto la scollatura della Signora Marchini si era chinata verso di lui ed aveva detto: “Le ho portato dell’acqua!”. Bevve avidamente.
– Ma cosa mi è successo? Venti anni di onorato servizio e mi addormento alla scrivania! Non mi era mai successa una cosa simile! – continuava il dialogo con se stesso – E poi questo sogno dell’isola... Stanotte la piscina, oggi il mare, e che mare! Cosa vorrà dire? –
Si lavò il viso e tornò alle sue carte ed alla sua calcolatrice. Tra una somma ed una moltiplicazione continuava a rivedere quel paradiso terrestre. Ma poteva esistere davvero? Doveva tornarci, cioè… andarci assolutamente.
– Quando esco passo dall’agenzia viaggi – sentenziò.
Dopo diverse ore comparve nuovamente quello strano sorriso sul suo volto, ripose la matita, spense la calcolatrice e si girò lentamente verso l’orologio, aveva lo stesso sguardo di Clint Eastwood prima del solito duello lungo una di quelle polverose strade del Far West. Ore 17:59: “bang” fece con il dito indice della mano destra puntando l’orologio a parete a mò di pistola. Mancava solo il sottofondo della musica di Ennio Morricone.
Indossò giacca e impermeabile, salutò ed uscì quasi di corsa diretto all’agenzia. Arrivò, entrò e puntò con l’ombrello chiuso il grande poster alle spalle dell’impiegata.
“Quel posto lì esiste davvero?” chiese perentorio
“Certo che esiste davvero. Sono le Maldive”
“Incredibile! … ma quella sabbia è veramente così bianca? Le palme, il mare turchese che sembra finto, è realmente tutto così?”
“Si, si! Io non ci sono mai stata ma me l’hanno raccontato i clienti. Sono le Maldive. Sono proprio così, anzi tutti mi dicono che sono molto meglio di come le si vede nel poster!”
“Voglio andarci!”
“Ma certo, là è bella stagione tutto l’anno sa! Può andarci quando vuole. Ha già un’idea sul periodo, il tipo di struttura?”
“Guardi, io sono anni che faccio le vacanze a Cesenatico, … no, … non ho nessuna idea precisa… vorrei solo rifare, cioè volevo dire fare il bagno lì, in quel mare”
“Prenda questi cataloghi: ci sono molti villaggi e diverse soluzioni un po’ per tutti i gusti... Faccia una cosa, gli dia un’occhiata, veda un po’ cosa può essere più adatto a lei, cosa le piace di più e poi facciamo assieme qualche ipotesi, va bene?”
“Va benissimo, grazie. Lei è un angelo”
“Ma si figuri è il mio lavoro”
“Oggi è stato un giorno perfetto...”
“Come dice?”
“No, niente, pensavo ad alta voce. Buonasera signorina” e fece un piccolo inchino.
L’impiegata gli sorrise: “Buona serata a lei”.
Amilcare si incamminò verso casa e cominciò a sfogliare uno dei cataloghi. I luoghi delle foto erano proprio come nel sogno, gli sembrava nettamente di esserci già stato. E voleva tornarci al più presto. Sfogliò ancora e gli venne la pelle d’oca per l’emozione: una foto a doppia pagina con una palma sulla destra, dolcemente chinata verso il mare, la spiaggia bianca, la luce accecante, il mare di mille sfumature ed un airone che passeggiava sul bagnasciuga…
La sua isola!
Semaforo pedonale verde, attraversò la strada. Si fermo sul marciapiede centrale.

“Fate largo, sono un medico”
“Ecco, arriva l’ambulanza” disse un passante
una signora si teneva entrambe le mani sul viso, urlava e piangeva…
“Non l’ho visto, non l’ho visto, … vi giuro che è sbucato fuori all’improvviso!!!”
“Non c’è più nulla da fare” disse il medico scuotendo la testa.

Il semaforo pedonale era diventato rosso ma Amilcare aveva il sorriso dipinto sul volto e le immagini da sogno di quella spiaggia e di quel mare negli occhi, nella mente e strette fra le mani. Dopo una piccola pausa aveva ripreso a camminare, deciso. Non aveva visto che alla sua sinistra stava arrivando silenziosamente e spedito il trentasei. Il tranviere non ebbe nemmeno il tempo di azionare l’avvisatore acustico, il classico dlén-dlén-dlén. Fu un lampo. Il ragioniere venne investito violentemente e sbattuto in terra. Morì sul colpo. Una morte indolore dissero dopo i medici. Istantanea. Il tram era in anticipo di dodici minuti.
di Giuseppe Gatto
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Questo racconto si è classificato al terzo posto al concorso letterario Tifeo Web Narrativa Online 2008 ed ha ricevuto una segnalazione speciale, nei dieci finalisti, al V Concorso Letterario "Il Corto letterario e l'Illustrazione" 2008 organizzato dall'associazione Il Cavedio

15 commenti:

`°*ஜღ Moka ♥ღஜ*°´ ha detto...

che storia.... scritta tu??

p.s. ti invito al mio concorso sulle poesie visita questo link e partecipa anche tu!!! http://www.animafelina.com/2008/03/l-angolo-dei-concorsi.html

Giuseppe Gatto ha detto...

no, l'ho copiata... :-)
Moka, Moka, ... certo che l'ho scritto io! :-) Ho letto di un concorso dal tema "Perfect Day" e in un'ora ho buttato giù il racconto... poi ho scoperto che il concorso aveva il limite delle 900 battute e questo è venuto di 13.400! Sigh...
Passo a trovarti.

frapohc ha detto...

cavolo tu si che sai scrivere! Non come noi della weloveburzum!!! A proposito: oltre ad essere metallari noi della wlb siamo anche motociclisti!

Giuseppe Gatto ha detto...

beh, io sono un motociclista molto extra-large... ma il peso mi aumenta le tenuta di strada (es: http://seavreistudiato.blogspot.com/2008/03/haiku-9-non-ho-let.html). Non fate i modesti... :-)

frapohc ha detto...

bhè l'impostazione c'è tutta,nulla da eccepire!! Nella WLB siamo io e gigino i centauri, fieri possessori di due moto italiane!
Purtroppo nn abbaimo nostre foto in pista da linkarti ma per la prossima volta provvederemo a farne delle versioni digitali. Comunque il tuo bimbo è stupendo.

Giuseppe Gatto ha detto...

Si, effettivamente... devono avermelo scambiato in ospedale. Potrebbe esserci in giro una coppia di Svedesi che tutte le sere litiga per via del bimbo che ha marcati tratti meridionali e non somiglia per un cazzo al padre! Ah, io ormai mi sono affezionato e mi tengo questo! ... Oppure deve essere stato quando abbiamo rifatto il bagno. Ecco, se fate lavori a casa con operai dell'est okkio! Magari mandate la moglie dai genitori! ... voi dove siete ubicati?

frapohc ha detto...

noi siami dislocati nell'area milanese, prevalentemente periferia nord ovest, vicini al nuovo polo fieristico e a MONZA...giusto per rimanere in tema motociclistico.
io sono stato a romaper lavoro un paio di mesetti e qualche volta ci ricapito per questioni o lavorative o sindacali,la conosco quasi bene.

Giuseppe Gatto ha detto...

allora se ci torni batti un colpo. Per ora quindi giri in moto assieme niente mi sa! :-) Io ho vissuto a Milano per undici anni. E' una mia seconda casa. Salutoni.

fuorisincrono ha detto...

i tuoi racconti "catturano" e d'un fiato arrivi alla fine. Per intenderci: mi piace come scrivi e se dovessi leggere un tuo romanzo pianterei tutto il mio quotidiano per arrivare all'ultima pagina, anche a costo di viaggiare sull'ottovolante degli stati d'animo che le parole evocano.
poi potrei rilassarmi.....

Giuseppe Gatto ha detto...

@MariaPaola: grazie, è davvero un gran bel complimento. Se dovessi riuscire a pubblicare un romanzo (in testa ho diverse cose, ... non ho per ora il tempo di metterle sulla carta!) hai già di diritto una copia omaggio autografata con dedica! :-)

Giuseppe Gatto ha detto...

Avviso ai naviganti. Ho fatto anche io un sogno, come Amilcare... ed ho fatto alcune piccole modifiche al racconto post-partum. Titolo & finale (Piccole modifiche, hai detto cazzi!!). Mi è girata così. d'altronde la fluidità del racconto sul web è anche questo. Poter tornare indietro e cambiare idea...

Anonimo ha detto...

Avvincente.Mi ha ricordato i racconti di Buzzati e di Simenon.
Lo voto!

Cristiana

Giuseppe Gatto ha detto...

@Dicolamia, grazie. Sono contento che ti sia piaciuto... piano piano ti leggerai anche tutti gli altri vero? Poi sul sotto blog carbonaro "Pensa se avrei studiato" hai circa 150 post arretrati da sfogliare! Buon divertimento!!! :-)

Anonimo ha detto...

L'ho votato volentieri, Giulia

Anonimo ha detto...

Che maledetto... ti voto a razzomYssile!

Nedo

Libera 
Università di Alcatraz